Domanda

Un nostro dipendente, titolare di posizione organizzativa, ha chiesto all’amministrazione di essere
rimosso dall’incarico per “motivi di salute”.

Premesso che la fattispecie non è disciplinata nel “Regolamento per l’Ordinamento degli uffici e servizi” dell’ente, la richiesta deve essere accolta?

 

Risposta

Il quesito pone in rilievo le norme che regolano l’attribuzione e l’eventuale revoca degli incarichi di posizione organizzativa.

Va premesso che negli enti privi di personale di qualifica dirigenziale, gli incarichi di posizione organizzativa, che debbono essere correttamente inquadrati nella loro natura di trattamento economico accessorio, sono automaticamente correlati alla nomina a responsabili delle strutture apicali, ai sensi dell’art. 17, comma 1, del CCNL 21/05/2018; la loro genesi va ricercata nel provvedimento di nomina a responsabile di servizio, la cui competenza è attribuita al Sindaco dal combinato disposto dell’art. 50, comma 10, e dell’art. 109, comma 2, del d.lgs. 267/2000.

Evidentemente, perciò, l’individuazione, ma anche la revoca, degli incarichi in esame sono strettamente connesse alla volontà dell’organo di vertice dell’amministrazione, eventualmente secondo la disciplina di dettaglio che gli enti stabiliscano in seno al regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi.

Ciò detto, si ritiene innanzitutto che l’incarico di posizione organizzativa non possa essere rifiutato dal dipendente, derivandone l’attribuzione dall’esercizio di un potere unilaterale del datore di lavoro, alla luce della qualificazione delle mansioni esigibili ascrivibili al dipendente inquadrato in categoria D (ovvero, nei casi previsti dal contratto collettivo, anche al dipendente di qualifiche inferiori); il cui rifiuto, chiaramente, porrebbe in essere un inadempimento contrattuale, essendo il dipendente tenuto e rendere le prestazioni dovute in base alla declaratoria delle mansioni del profilo di appartenenza, in conformità alle previsioni del CCNL e dell’art. 52 del d.lgs. 165/2001. Così, ad esempio, l’Aran, con proprio parere RAL_299.

La ratio di tale impostazione, seppure in via incidentale, è rinvenibile anche nella sentenza n. 6367/2015 della Corte di Cassazione, nella quale era ben evidenziata la discrezionalità attribuita al sindaco nell’affidamento degli incarichi in argomento, nonché quanto essi comportino esclusivamente l’assegnazione di una responsabilità (e del correlato trattamento accessorio) senza mutamento di posizione funzionale, trattandosi di attribuzione ricompresa tra quelle ascrivibili al profilo professionale del dipendente di categoria D.

Inoltre, anche in assenza di una specifica disciplina a livello di ente, va detto che il CCNL 21 maggio 2018 prevede che gli incarichi de quibus possano essere revocati prima della scadenza in due casi:

  1. in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi;
  2. in conseguenza di una valutazione negativa della performance individuale.

Chi scrive ritiene che nei comuni privi di dirigenza, attesa la diretta discendenza della titolarità dell’incarico di posizione organizzativa dalla nomina a responsabile di servizio, possa ragionevolmente aggiungersi alle fattispecie individuate dal contratto la determinazione dell’organo cui compete l’affidamento dell’incarico di responsabilità: appare coerente con l’ordinamento, in sostanza, che il sindaco possa, in linea di principio e motivatamente, revocare un incarico di responsabile di servizio, ovvero le relative attribuzioni dirigenziali ex art. 109, comma 2, del TUEL, attenendosi alle regole eventualmente stabilite nell’ente in proposito; comportando tale revoca la contestuale decadenza dall’incarico di p.o.

In tale ambito la fonte legale e la norma pattizia ricollegano l’attribuzione degli incarichi di responsabile (ovvero, di quelli di posizione organizzativa) a criteri di competenza professionale (art. 109, comma 1 del d.lgs. 267/2000); ai requisiti culturali posseduti, alle attitudini, alla capacità professionale e all’esperienza (art. 14, comma 2, del CCNL 21/05/2018).

Atteso quanto sopra, si potrebbe forse ipotizzare che le negative condizioni di salute del dipendente, avvalorate da certificazioni mediche che ne comprovino la sussistenza, e ove pervenga una richiesta in tal senso da parte dell’interessato, possano far ritenere al sindaco che esse siano a tal punto debilitanti la capacità professionale del dipendente e la sua attitudine a perseguire e raggiungere gli obiettivi assegnati, da consigliarne, nel preminente interesse dell’amministrazione, la sostituzione.

In generale, però, si ritiene che l’impostazione non possa che essere quella ricostruita in premessa, ovvero che nella persistenza della nomina a responsabile di servizio il dipendente non possa rifiutarsi di adempiere al proprio obbligo contrattuale; e che, pertanto, una richiesta di rimozione dall’incarico non debba necessariamente essere accolta.