Domanda

Da pochi mesi sono responsabile finanziario del mio comune. Nei giorni scorsi sono venuto a conoscenza di una lettera di patronge ‘forte’ sottoscritta dal sindaco a favore della società partecipata ‘X’. A bilancio non ve n’è alcuna traccia. E’ corretto?

 

Risposta

Il tema delle lettere di patronage rilasciate a favore di società partecipate dagli enti locali è sempre di sicuro interesse. Anche per la Corte dei conti, che non a caso nei propri questionari sui rendiconti di esercizio ne chiede conto all’ente qualora ne ricorra la fattispecie. E, in tal caso, chiede di fornire ogni dettaglio sui destinatari delle operazioni, l’ammontare previsto, nonché il piano delle erogazioni ed il piano di ammortamento distintamente per quota capitale e quota interessi. L’ente dovrà altresì allegare le relative deliberazioni. In più occasioni le singole sezioni regionali hanno fornito chiarimenti a fronte di specifici quesiti posti da enti locali. Da ultimo lo ha fatto la sezione Piemonte con deliberazione n. 36/2020/SRCPIE/PAR. (qui il testo integrale: https://banchedati.corteconti.it/documentDetail/SRCPIE/36/2020/PAR). Nell’esaminare il caso sottoposto e richiamando la deliberazione della Sezione Autonomie n. 30/2015, la sezione piemontese ricorda quanto disposto in materia dal punto 3.17 dell’allegato n. 4/2 al d.lgs. n. 118/2011. In particolare, evidenzia come la concessione di garanzie incida sulla capacità complessiva di indebitamento degli enti, e soggiace necessariamente ai limiti imposti dall’art. 119, ultimo comma, Cost. Questo, lo ricordiamo, vieta il ricorso all’indebitamento per spese diverse da quelle di investimento. La vigente normativa in materia di garanzie prestate dagli enti locali trova l’unico temperamento nella clausola di salvezza, contenuta nella parte finale dell’art. 204 comma 1 del Tuel, laddove si prevede di escludere, dal calcolo del limite quantitativo di indebitamento, le rate sulle garanzie prestate, a condizione che l’ente abbia provveduto ad accantonare “l’intero importo del debito garantito”. Solo in tal modo si realizza un’idonea copertura degli oneri conseguenti all’eventuale escussione del debito da parte del terzo, per il quale la garanzia è stata concessa. Secondo la sezione Autonomie, prosegue quella piemontese, il ricorso al termine “garanzie” di cui all’art. 204 del Tuel, va inteso in senso ampio. Esso ricomprende infatti tutti i negozi giuridici attualmente riconducibili a tale categoria, e pertanto non soltanto i contratti aventi natura fideiussoria (art. 207 del Tuel) ma “ogni negozio giuridico (es. contratto autonomo di garanzia, lettera di patronage ‘forte’) caratterizzato da finalità di garanzia e diretto a trasferire da un soggetto ad un altro il rischio connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale (Cassazione, Sezioni unite, sentenza n. 3947/2010)”. L’orientamento della Corte dei conti per cui le lettere di patronage devono considerarsi una potenziale fonte di indebitamento, e come tali, da assoggettare ai limiti dettati ai sensi dell’art. 204 del Tuel è ormai consolidato. Ciò è vero anche nel caso in cui la sua sottoscrizione sia avvenuta da parte di organo non competente (nel caso di specie: il sindaco pro tempore: il che conferma, seppure indirettamente, che la competenza alla loro sottoscrizione è della parte tecnica, sebbene si tratti di pratica notoriamente disattesa). Quindi, prosegue la sezione Piemonte, il riferimento va fatto al punto 5.5 del Principio contabile, il quale prevede che: “il trattamento delle garanzie fornite dall’ente sulle passività emesse da terzi è il seguente: al momento della concessione della garanzia, in contabilità finanziaria non si effettua alcuna contabilizzazione”, giacché il debito in oggetto è solo eventuale, e discende unicamente dall’ipotesi in cui la società partecipata – debitore principale – risulti inadempiente o insolvente. “(…) nel rispetto del principio della prudenza, si ritiene opportuno che, nell’esercizio in cui è concessa la garanzia, l’ente effettui un accantonamento tra le spese correnti tra i “Fondi di riserva e altri accantonamenti”. Tale accantonamento consente di destinare una quota del risultato di amministrazione a copertura dell’eventuale onere a carico dell’ente in caso di escussione del debito garantito”. In mancanza, verrebbe compromessa la veridicità e l’attendibilità del bilancio stesso, a meno che gli oneri per interessi, assunti con la lettera di patronage, siano computati nel calcolo del limite stabilito dall’art. 204 del Tuel. Si perviene pertanto alla conclusione che l’esclusione dal calcolo dei limiti di indebitamento della quota interessi relativa alle garanzie prestate dagli enti territoriali, è consentita, nel rispetto dell’art. 204 del Tuel, soltanto nelle ipotesi di accantonamento dell’intero importo del debito garantito a “fondo rischi e passività potenziali”, vincolando così una quota del medesimo importo dell’avanzo di amministrazione. Ciò permetterà infatti all’ente di sopperire tempestivamente in caso di riconoscimento (transattivo o giudiziale) della pretesa del terzo creditore. Infine, conclude la Corte, l’opzione contabile di cui al punto 5.5 dell’Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011 non implica, nei confronti dei terzi, un tacito riconoscimento della fondatezza della loro pretesa.