Domanda

I cartellini marcatempo o i fogli presenza hanno natura di atto pubblico?

 

Risposta

Gli orientamenti giurisprudenziali si sono mossi nel tempo sino a raggiungere direzioni diametralmente opposte, tuttavia, l’orientamento più recente può dirsi consolidato.

Le meno recenti pronunce configuravano il cartellino marcatempo come un atto pubblico. Il Consiglio di Stato, sez. II, con sentenza del 6 aprile 1991, n. 3891 lo aveva precisato definendo atto pubblico “ogni documento contenente attestazioni suscettibili di produrre effetti giuridici per una pubblica amministrazione”, ed in ciò identificando anche il cartellino orario che è destinato a fornire la prova dell’effettuazione della prestazione di lavoro ai fini del pagamento della retribuzione. Dal riconoscimento al cartellino della natura di atto pubblico ne conseguiva che, comportamenti dei dipendenti finalizzati a falsificare le risultanze dello stesso, fossero inquadrabili come falso ideologico.

Di parere opposto è la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 41426 del 25 settembre 2018, si pronuncia così “i cartellini marcatempo o i fogli presenza non hanno natura di atto pubblico (allo stesso modo Sez. U, n. 15983 del 11.04.2006; Cassazione 19299 del 16.04.2012), trattandosi di documenti di mera attestazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, documenti che, peraltro non contengono manifestazioni dichiarative o di volontà riferibili alla Pubblica Amministrazione.

La vicenda aveva riguardato alcuni dipendenti i quali timbravano il cartellino, con modalità tali da attestare falsamente la loro presenza negli uffici comunali. Ma se è vero che commettevano il reato di truffa aggravata ai danni dell’ente locale, non è vero che realizzassero un falso in atto pubblico.

Cartellini e badge rilevano infatti solo nel rapporto con il datore di lavoro, rapporto che nella Pubblica Amministrazione è di diritto privato. Sono cioè privi di rilevanza esterna non essendo manifestazione dichiarativa o di volontà attribuibile alla Pubblica Amministrazione.

L’alterazione delle presenze configura quindi il reato di truffa aggravata ma non quello di falso in atto pubblico.