Domanda
La nuova normativa in materia di antiriclaggio obbliga il comune al collegamento con il sistema anticorruzione dell’Ente e quindi all’introduzione di specifiche disposizioni all’interno del PTPCT?
Risposta
Il 19 novembre 2018 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 le “istruzioni sulla comunicazione di dati e informazioni concernenti le operazioni sospette da parte degli uffici delle pubbliche amministrazioni”, del 23 aprile 2018, dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) istituita presso la Banca d’Italia.
Con esse sono state dettate specifiche linee guida per le pubbliche amministrazioni, chiamate ad adottare le necessarie procedure interne per l’attuazione delle misure di antiriciclaggio. In particolare sono stati definiti quegli specifici indicatori di anomalia nel contesto della pubblica amministrazione, la cui mancanza aveva determinato, fino ad oggi, le principali difficoltà nell’applicazione della vigente normativa di settore, il d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231.
Quest’ultimo, come di recente modificato dal d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, prevedeva infatti all’art. 10, comma 4, che la UIF adottasse, al fine di consentire lo svolgimento di analisi finanziarie mirate a far emergere fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, apposite istruzioni recanti “i dati e le informazioni da trasmettere, le modalità e i termini della relativa comunicazione nonché gli indicatori per agevolare la rilevazione delle operazioni sospette”.
Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 90/2017, il raggio di azione entro il quale le pubbliche amministrazioni possono muoversi, effettuando i dovuti controlli e l’eventuale comunicazione alla UIF, è stato circoscritto alle specifiche aree di competenza richiamate all’art. 10, comma 1, del d.lgs. 231/2017:
a) procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti di autorizzazione o concessione;
b) procedure di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi secondo le disposizioni di cui al codice dei contratti pubblici;
c) procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere a persone fisiche ed enti pubblici e privati.
Con riferimento a ciascuno dei suddetti ambiti – che è bene notare – coincidono perfettamente con i settori a maggior rischio corruttivo individuati dalla legge “anticorruzione” della legge Severino (legge 6 novembre 2012, n. 190), la UIF, nelle proprie istruzioni, detta specifici indicatori di anomalia connessi:
a) con l’identità o il comportamento del soggetto a cui è riferita l’operazione;
b) con le modalità di esecuzione delle operazioni, e declinati per:
– il settore appalti e contratti pubblici
– il settore finanziamenti pubblici
– il settore immobili e commercio.
Le pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 10, comma 4 del decreto legislativo 231/2017, “nel quadro dei programmi di formazione continua del personale realizzati in attuazione dell’articolo 3 del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 178, adottano misure idonee ad assicurare il riconoscimento, da parte dei propri dipendenti delle fattispecie meritevoli di essere comunicate ai sensi del presente articolo.”
Codifica di aree e procedimenti a rischio, individuazione di un responsabile (qui antiriciclaggio, alias “gestore”), formazione tecnica del personale, obbligo di comunicazioni ad un’autorità centrale, indicatori di comportamenti illeciti: sono tanti i punti di contatto che avvicinano la normativa “antiriciclaggio” a quella dell’ “anticorruzione” della legge Severino.
Ciò fa, conseguentemente, propendere per una gestione ed un coordinamento unitario degli adempimenti di legge, richiesti dal legislatore nei due diversi ambiti; con la possibilità di arricchire il piano di prevenzione della corruzione e della trasparenza di una nuova sezione, i cui contenuti potrebbero ben intrecciarsi ai principi del risk assessment e risk management, sui quali muove l’intero PTPCT.
Per rispondere al quesito, è bene rilevare, comunque, che nessun obbligo di collegamento è previsto dalla legge, essendo, quindi, lasciato all’ente la possibilità di definire i confini e le modalità per l’effettuazione del controllo sul riciclaggio e sul finanziamento al terrorismo.
Il legislatore non ha, peraltro, stabilito per le pubbliche amministrazioni alcuna sanzione per mancata attuazione delle disposizioni “antiriciclaggio”; è unicamente previsto all’art. 10, comma 6, d.lgs. 231/2007, che l’inosservanza delle norme assume rilievo ai fini dell’articolo 21, comma 1-bis, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, determinandosi responsabilità dirigenziale con conseguente eventuale decurtazione dell’indennità di risultato.
Per concludere, ciò che è valso e vale per l’applicazione della legge “anticorruzione” vale per la materia dell’ “antiriciclaggio”: solo una forte volontà politica degli organi di indirizzo e di governo delle pubbliche amministrazioni – che, eventualmente, giochino anche la carta delle complementarietà delle disposizioni normative – può consentire una piena attuazione degli utili strumenti messi a disposizione dal legislatore.