Domanda

Il dirigente dell’ufficio contratti e un dipendente dello stesso ufficio sono indagati rispettivamente per abuso d’ufficio e corruzione. Vorrei saper cosa deve fare l’Amministrazione e, in particolare, il Responsabile della Prevenzione della Corruzione

 

Risposta

Premesso che il verificarsi di un episodio di malamministrazione potenzialmente configurabile come fatto penalmente rilevante, impone al RPCT una riflessione di carattere generale circa l’adeguatezza delle misure di prevenzione della corruzione nell’area a rischio “contratti”, la prima valutazione che l’Amministrazione si trova a compiere è quella relativa all’opportunità/obbligo di procedere al trasferimento del dipendente ad altro incarico.

Si tratta della misura cosiddetta della rotazione straordinaria. È bene chiarire, innanzitutto, che si sta parlando di una misura preventiva, cautelare e non sanzionatoria. Il dipendente su cui grava il sospetto di una condotta di natura corruttiva viene rimosso dall’ufficio in cui presta l’attività, al fine di prevenire il danno all’immagine di imparzialità dell’Amministrazione.

Per capire se sussista un obbligo di provvedere in tal senso o se, invece, si tratti di una misura facoltativa, occorre analizzare la normativa (art. 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97 e art. 16, c. 1, lettera l-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165) e le indicazioni ANAC, contenute nella delibera n. 215 del 26 marzo 2019.

Inoltre, occorre compiere i necessari distinguo in ragione sia del diverso inquadramento dei dipendenti che della natura dei delitti di cui sono indagati.

L’art. 3, comma 1, della legge 97/2001, disciplina il trasferimento del dipendente per il quale è disposto il giudizio per alcuni dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 320 del codice penale.

Per come è formulata la disposizione “… lo trasferisce ad ufficio diverso…” la misura è da intendersi come obbligatoria, al momento in cui il dipendente è rinviato a giudizio per uno dei reati indicati, tra i quali è contemplata la corruzione ma non l’abuso d’ufficio.

L’art. 16, comma 1, lettera l-quater, del d.lgs. 165/2001, contempla, tra i compiti e i poteri dei dirigenti generali, il monitoraggio “delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione svolte nell’ufficio a cui sono preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva”.

Tale disposizione è evidentemente meno precisa, sia in ordine alla natura del reato  di cui è sospettato il dipendente che al momento del procedimento penale in cui occorre intervenire.

Nell’aggiornamento al PNA del 2018[1], l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) interpretava la norma in maniera restrittiva sul piano del momento rilevante per applicare la rotazione straordinaria, individuandolo nella richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero al termine delle indagini preliminari.

Successivamente, con la delibera n. 215 del 26 marzo 2019, l’ambito di applicazione della rotazione straordinaria si è esteso, anticipando il momento dell’adozione della misura cautelare a quello in cui il soggetto viene iscritto nel registro delle notizie di reato, di cui all’art. 355 c.p.p. sulla considerazione che il termine “procedimento penale” comprende, anche, la fase delle indagini preliminari.

In merito alla nozione di “condotta di natura corruttiva” invece, l’ANAC precisa nella citata delibera i reati per i quali la misura è obbligatoria (esempio: corruzione), distinguendoli dagli altri delitti contro la P.A. (abuso d’ufficio) per i quali è, evidentemente, facoltativa.

È necessario, pertanto, che non appena l’Amministrazione venga a conoscenza di indagini penali a carico di un dipendente, acquisisca le informazioni utili a valutare se e come applicare la rotazione straordinaria.

Nella valutazione si deve tener conto della gravità delle imputazioni e dello stato degli accertamenti compiuti dall’autorità giudiziaria. In ogni caso, ciò che l’ANAC raccomanda è di adottare comunque un provvedimento in cui si dia conto dell’applicazione o meno della misura e di motivarlo adeguatamente.

Con riferimento al caso proposto, pertanto, si potrebbero fare valutazioni diverse in relazione alla tipologia di reato di cui sono sospettati (abuso d’ufficio e corruzione) e tenere conto della fase del procedimento penale.

Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione (RPCT) deve, inoltre, segnalare la questione al Responsabile dell’Ufficio Procedimenti disciplinari (UPD), al quale spetta l’avvio del procedimento disciplinare, con l’eventuale sospensione, in attesa della definizione del procedimento penale, secondo le disposizioni previste, da ultimo, nell’articolo 62 del CCNL Funzioni locale del 21 maggio 2018.

In ragione della prosecuzione del procedimento, dell’eventuale rinvio a giudizio e dell’esito del processo penale, la valutazione in merito alle misure da adottare dovrà essere ripetuta. Inoltre per il dirigente occorre valutare, nel caso di sentenza di condanna, le conseguenze in termini di inconferibilità, ai sensi dell’art. 3, del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39.

[1] Delibera ANAC n. 1074 del 13/11/2018;