Domanda
È ancora obbligatoria la formazione in materia di prevenzione della corruzione?
Risposta
La legge 6 novembre 2012, n. 190 (cd: legge Severino), all’articolo 1, comma 8, prevede l’obbligatorietà dell’attività di formazione nei confronti del personale dipendente. Analogo obbligo è contenuto nell’articolo 54, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 – nel testo sostituito dal comma 44, articolo 1, della legge 190/2012 – in materia di codici di comportamento.
La disposizione legislativa è stata più volte oggetto di intervento da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), la quale ha sempre previsto come obbligatoria – e quindi anche esclusa dai tetti di spesa per la formazione, quando esistevano delle limitazioni di natura finanziaria – l’attività di formazione in materia di etica, integrità ed altre tematiche attinenti alla prevenzione della corruzione e trasparenza.
L’ultimo pronunciamento dell’Autorità risale al Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) 2019, approvato con delibera n. 1064 del 13/11/2019, laddove, nella Parte III – Capitolo 2, viene pienamente confermato il ruolo strategico e la centralità dell’attività di formazione in materia di prevenzione della corruzione.
Per la formazione i Responsabili della Prevenzione della Corruzione e Trasparenza (RPCT) sono tenuti a definire procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. Pertanto, il RPCT individua, in raccordo con i dirigenti responsabili delle risorse umane e con l’organo di indirizzo, i fabbisogni e le categorie di destinatari degli interventi formativi.
Nel PTPCT, quindi, occorre quantificare le ore/giornate dedicate, in ciascun anno, strutturando la formazione su due livelli:
- uno generale, rivolto a tutti i dipendenti, mirato all’aggiornamento delle competenze/comportamenti in materia di etica e della legalità;
- uno specifico, rivolto al RPCT, ai referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree a maggior rischio corruttivo, mirato a valorizzare le politiche, i programmi e gli strumenti utilizzati per la prevenzione e ad approfondire tematiche settoriali, in relazione al ruolo svolto da ciascun soggetto nell’amministrazione.
Si dovrebbe, quindi, definire percorsi e iniziative formative differenziate, per contenuti e livello di approfondimento, in relazione ai diversi ruoli che i dipendenti svolgono. Sempre secondo l’ANAC occorre, pertanto:
a) includere nei percorsi formativi anche il contenuto dei codici di comportamento e dei codici disciplinari, per i quali proprio attraverso la discussione di casi concreti può emergere il principio comportamentale adeguato nelle diverse situazioni;
b) prevedere che la formazione riguardi tutte le fasi di predisposizione del PTPCT e della relazione annuale (ad esempio l’analisi di contesto esterno e interno, la mappatura dei processi, l’individuazione e la valutazione del rischio);
c) tenere conto dell’importante contributo che può essere dato dagli operatori interni all’amministrazione, inseriti come docenti nell’ambito di percorsi di aggiornamento e formativi in house;
d) monitorare e verificare il livello di attuazione dei processi di formazione e la loro adeguatezza. Il monitoraggio potrà essere realizzato, ad esempio, attraverso questionari da somministrare ai soggetti destinatari della formazione al fine di rilevare le conseguenti ulteriori priorità formative e il grado di soddisfazione dei percorsi già avviati.
Il PNA 2019 afferma, inoltre, che “L’incremento della formazione dei dipendenti, l’innalzamento del livello qualitativo e il monitoraggio sulla qualità della formazione erogata in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza possono costituire obiettivi strategici che gli organi di indirizzo dell’amministrazione sono tenuti ad individuare quale contenuto necessario del PTPCT”.
L’ANAC auspica, infine, che la formazione sia sempre più orientata all’esame di casi concreti calati nel contesto delle diverse amministrazioni, in modo tale da contribuire alla costruzione di capacità tecniche e comportamentali nei dipendenti pubblici.
Fatta questa lunga ma doverosa premessa, la risposta al quesito è molto sintetica: sì, è obbligatoria.