Domanda
Due anni fa abbiamo cancellato un elettore dalle liste a seguito dell’applicazione di una pena che importa l’interdizione temporanea dai pubblici uffici pari a 5 anni.
Ora ci è arrivata la comunicazione che a seguito dell’esito positivo del periodo di affidamento in prova al servizio sociale si è estinta la pena ed ogni altro effetto penale della condanna.
Questo fatto determina solo l’estinzione della pena detentiva, oppure anche delle pene accessorie?
E per questo legittima come conseguenza l’iscrizione o la reiscrizione con effetto immediato nelle liste elettorali del soggetto già condannato?
Risposta
Sul tema in questione ci sono stati diversi interventi della giurisprudenza, con interpretazioni a volte in contrasto tra loro.
Tuttavia l’orientamento maggioritario è quello ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20952/2018, pubblicata il 22 agosto 2018, che proviamo qui di seguito a riassumere.
La questione riguardava il ricorso di un cittadino al quale era stata applicata la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed in conseguenza di questo era stato cancellato dalle liste elettorali. La Cassazione a proposito chiarisce due punti.
In primo luogo il pieno rispetto dell’art. 2, lett. d), d.p.r. 223/1967 (quello che prevede la cancellazione dalle liste elettorali dei condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici) in riferimento alla Convenzione Edu (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950) ed alla concreta applicazione dei principi in essa contenuti, essendo questo uno dei motivi del ricorso eccepiti dal condannato.
La perdita del diritto di voto (connessa alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici) non è un provvedimento automatico ed indiscriminato, ma si basa su valutazioni che debbono riguardare la gravità del reato e che, a seconda della stessa, determinano le conseguenze di volta in volta indicate dalla legge. Pertanto non può essere eccepita nessuna violazione neppure a livello costituzionale.
In secondo luogo la Corte di Cassazione si è concentrata sulla natura (di effetto penale ovvero di pena accessoria) della perdita del diritto di voto, analizzando l’interpretazione giurisprudenziale ed il contrasto che è stato evidenziato: secondo un orientamento (maggioritario) la perdita dell’elettorato costituisce non un effetto penale della condanna, ma una pena accessoria, «in quanto particolare modo di essere della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, di cui segue direttamente ed inscindibilmente la sorte». Pertanto viene meno solo per effetto delle cause che estinguono la pena interdittiva (fra le quali non è compreso l’esito positivo dell’affidamento al servizio sociale che estingue soltanto la pena detentiva ed ogni altro effetto penale e non le pene accessorie).
Inoltre chiarisce che l’attuale formulazione dell’art. 47, c. 12, ord. pen., pare inequivocabile nel prevedere che l’esito positivo della prova estingue la sola pena detentiva (nemmeno quella pecuniaria, salvo non ricorra l’ipotesi di disagio economico, né soprattutto quelle accessorie).
L’aggiunta della locuzione “detentiva” assente nel testo precedente dell’ordinamento penitenziario rende chiara la ratio dell’intervento legislativo. La norma del testo attuale era infatti stata riformulata in questo senso dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49.
Nell’ordinamento penitenziario non esistono eventuali clausole di salvezza che consentano di intendere estinte le pene accessorie nell’ipotesi di esito favorevole dell’affidamento in prova.
La Corte di Cassazione, sulla base di questi presupposti, ha rigettato il ricorso.
Pertanto in conclusione, alla luce anche di questa pronuncia, l’indicazione per gli operatori è quella di non provvedere in automatico alla reiscrizione nelle liste elettorali a seguito di esito positivo del periodo di prova.