Legittima la deroga all’alternatività tra Iva e Imposta di registro per gli immobili strumentali

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10539 del 18 aprile 2024, richiamando l’orientamento della Corte di Giustizia UE, ricorda che la normativa nazionale concernente l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro ai canoni di locazione di beni strumentali imponibili ai fini Iva non contrasta con la Direttiva 2006/112/CE (Direttiva Iva).

Ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8), del d.P.R. 633/1972 la locazione di fabbricati strumentali risulta essere esente da Iva, salva opzione per l’imponibilità espressa nell’atto dal locatore.

In deroga al principio di alternatività tra Iva e registro, in virtù del comma 1-bis dell’art. 40 del d.P.R. 131/1986 e dell’art. 5, comma 1, lett. a-bis), della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. 131/1986, indipendentemente dal regime Iva di imponibilità o di esenzione, i contratti di locazione aventi ad oggetto immobili strumentali sono sempre soggetti all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%.

La Suprema Corte, con la pronuncia in esame, ripercorre il possibile contrasto tra le disposizioni soprarichiamate e l’art. 401 della Direttiva Iva, a mente del quale “ferme restando le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari, sempreché tale imposta, diritto o tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera”.

Secondo la giurisprudenza unionale perché un’imposta, un diritto o una tassa abbiano “il carattere di imposta sul volume d’affari” ai sensi del predetto art. 401 occorre verificare se essi abbiano l’effetto di danneggiare il funzionamento del sistema comune dell’Iva, gravando sulla circolazione dei beni e dei servizi e colpendo le operazioni commerciali in modo ad essa analogo. E’ necessario cioè che le imposte, i diritti e le tasse presentino le caratteristiche essenziali dell’imposta sul valore aggiunto, ovvero sia:
– applicazione in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi;
– proporzionalità al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti;
– riscossione in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza;
– detraibilità degli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo di produzione, cosicché l’imposizione interessi, in ciascuna fase, solo al valore aggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso sia a carico del consumatore finale.

Per contro, l’art. 401 non osta al mantenimento o all’introduzione di un’imposta che non presenti una delle caratteristiche essenziali dell’Iva.

Sulla base di tali considerazioni la Corte di Giustizia UE, nella causa C-549/16, ha stabilito che l’imposta di registro non è interessata dal divieto previsto all’art. 401, dal momento che non può dirsi soddisfatto il requisito relativo all’applicazione generalizzata alle operazioni né tantomeno la stessa viene percepita come parte di un processo di produzione e di distribuzione e può essere detratta dagli importi versati nel corso delle fasi precedenti.

Richiamando proprio tale sentenza della CGUE, la Cassazione – nella sentenza n. 10539/2024 – conclude affermando che l’imposta di registro proporzionale sulla locazione di immobili strumentali, per la sua settorialità, non è un’imposta sul giro d’affari e non interferisce con il funzionamento dell’Iva. Non può sostenersi che l’imposta di registro costituisca una sorta di “doppione” in spregio al diritto comunitario. E’ legittima pertanto, per le locazioni di immobili strumentali, l’applicazione sia dell’Iva che dell’imposta di registro proporzionale.