La verifica dei rapporti dei debiti/crediti fra il comune ed i propri enti strumentali e le società partecipate è uno dei tanti tasselli che compongono il complesso mosaico del rendiconto di esercizio. Ad esso, previsto dall’art. 11 comma 6 lettera j) del Dlgs n. 118/2011, la Corte dei conti ne affianca però un ulteriore: si tratta della verifica di tali rapporti tra il singolo comune e l’unione di appartenenza. A dirlo è la Sezione per l’Emilia-Romagna, non a caso regione dove le unioni di comuni rappresentano una realtà concreta e assai diffusa. Sebbene non espressamente prevista dal legislatore, tale ulteriore verifica ha ben motivo di esistere: è troppo alto il rischio che fra i bilanci dei singoli comuni e quello dell’unione non vi sia la necessaria simmetria e corrispondenza, come da tempo chiarito dalla Corte Costituzionale con sentenze n. 252/2015 e n. 6/2019. Sebbene le unioni di comuni non rientrino nella previsione dell’art. 11, comma 6, lett. j) del d.lgs. n. 118/2011, la mancata riconciliazione dei crediti e dei debiti reciproci realizza un vulnus per gli equilibri di bilancio o quanto meno è tale da incidere sulla loro parziale inattendibilità. Al contrario, l’allineamento delle poste di bilancio reciproche tra comuni e unione è momento essenziale non solo di regolarità contabile e amministrativa degli atti, ma anche di garanzia dell’adozione delle conseguenti scelte politico-amministrative sull’unione e per le ricadute che tali scelte hanno sui bilanci dei comuni.
Da quanto sopra discende la necessità di impostare un sistema efficiente e il più possibile trasparente di regolazione dei rapporti finanziari tra detti enti a garanzia della tenuta nel tempo dell’ente unione. Solo così si scongiurano: a) il formarsi, nel bilancio dell’unione, di residui attivi insussistenti perché non corrispondenti ai residui passivi dei comuni; b) il rischio di insolvenza dell’unione con conseguente “effetto domino” sui bilanci dei restanti comuni potenzialmente chiamati ad intervenire in soccorso del suo bilancio. Per la Corte i comuni, nei loro bilanci, devono istituire capitoli di spesa “specializzati” per ogni servizio trasferito, quale condizione imprescindibile per parificare i debiti e i crediti alla fine dell’esercizio e ricostruire con chiarezza i flussi fra enti. In difetto, le anzidette divergenze delle poste implicano non solo l’esposizione della relativa motivazione, ma anche la necessaria riconciliazione “senza indugio, e comunque non oltre il termine dell’esercizio finanziario in corso, per l’adozione dei provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione”. In tal modo si evita il formarsi di debiti fuori bilancio occulti o di parziali insussistenze degli avanzi di amministrazione. Nel caso, le conseguenti variazioni di bilancio rappresentano lo strumento per ripristinare l’equilibrio, da adottarsi anche ai sensi dell’193 del Tuel, laddove non sia possibile reperire altrimenti le necessarie risorse.
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