Con il decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015, attuativo della più ampia riforma del lavoro meglio nota come Jobs Act, il legislatore non soltanto ha voluto introdurre nuove misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, ma, ha inteso nel contempo realizzare, attraverso le modifiche al Testo Unico della Maternità e della Paternità, un’uniformità di trattamento per i figli adottivi e quelli naturali, ha cercato pari uniformità tra i genitori lavoratori dipendenti e i genitori lavoratori autonomi, ha colto l’occasione, inoltre, per riportare nella corretta fonte del diritto, molti disposti della Corte Costituzionale che nel corso del tempo si erano susseguiti e che di volta in volta avevano dichiarato illegittimo il Testo Unico della Maternità dove non consentiva l’esercizio di taluni diritti. Per quanto condivisibile sia l’dea che gli intenti del legislatore fossero virtuosi, e lo sono stati, non si può nel contempo non criticare al medesimo legislatore il fatto abbia trascurato di aggiustare almeno un paio di situazioni rispetto alle quali sono doverose delle osservazioni e rispetto alle quali ci avrebbe aiutato una formulazione letterale più chiara e semplice della norma.
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