Domanda

Sono sempre numerosi i quesiti in tema di accesso agli atti della procedura di appalto, sia della fase pubblicistica sia della fase esecutiva (in quest’ultima l’istanza di accesso, normalmente, poggia sulla esigenza di consentire all’appaltatore, non aggiudicatario, di verificare se l’esecuzione del contratto avvenga o meno secondo quanto proposto in sede di offerta).

Appare opportuno, quindi, elaborare un “riscontro cumulativo” che riassume le varie istanze presentate soprattutto alla luce delle recenti indicazioni giurisprudenziali in tema di accesso.

 

Risposta

Al netto delle indicazioni contenute nella disciplina specifica in tema di accesso agli atti dell’appalto, come declinate nell’articolo 53 del Codice in cui si prevede la possibiltà di un differimento – nella fase di espletamento della gara fatti salvi gli atti già adottati, si pensi alla fase formale di verifica dei documenti -, l’accesso è generalmente consentito al netto degli aspetti afferenti i segreti commerciali/aziendali che, innanzi al ricorso devono comunque essere consentiti.

Il tema dell’accesso trova però una sua compiuta definizione con l’affermata ammissibiltà dell’applicazione dell’accesso civico generalizzato o universale agli atti dell’appalto (sia della fase pubblicistica sia della fase esecutiva) come chiarito dalla sentenza del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria n. 10/2020.

L’Adunanza Plenaria ha affermato il diritto ad ottenere gli atti della fase esecutiva del contratto ai fini (potenziali) della risoluzione del contratto e successivo scorrimento della graduatoria o riedizione della gara “purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale”.

In sostanza, che richiede gli atti deve avere già gli elementi per dimostrare che l’esecuzione non sta avvenendo secondo quanto stabilito con la proposta contrattuale aggiudicata.

Non solo, quindi, il RUP è tenuto a produrre gli atti richiesti – al netto di elementi afferenti ai segreti commerciali/aziendali ex art. 5-bis comma 2, lett. c) (che possono essere oscurati se il RUP ha effettivamente constatato che si tratta di dati che non possono essere “ostesi”) -, ma è tenuto ad interpretare l’eventuale nota generica, quanto a riferimento normativo richiamato, che si limitasse a richiedere atti e dati relativi agli appalti già espletati in senso “collaborativo” e non escludente. Nel senso che non può respingere l’istanza per i solo fatto che questa non contenga un preciso richiamo normativo. In questo caso il RUP andrà ad intepretare la richiesta alla luce delle varie disposizioni in tema e, soprattutto, alla luce dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 33/2013 (e quindi sotto il profilo dell’accesso civico generalizzato/universale).

È questo il caso recentemente affrontato dal Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, con la recentissima sentenza del 23 maggio 202 n. 162.

Nella sentenza – a fronte di una istanza tesa ad ottenere dati e provvedimenti relativi all’invito degli appaltatori in procedure sotto i 40mila euro e nel sotto soglia con  conseguente rigetto (errato) della stazione appaltante – si puntualizza che    il   diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce un “autonomo diritto all’informazione”  rappresentando quindi  esso stesso un “bene alla vita accordato per la tutela nel senso più ampio e onnicomprensivo del termine e, dunque, non necessariamente ed esclusivamente in correlazione alla tutela giurisdizionale di diritti ed interessi giuridicamente rilevanti”.

Per effetto di quanto, l’istanza può trovare legittimazione anche nel fine “di assicurare la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa; tale diritto all’informazione, oltre ad essere funzionale alla tutela giurisdizionale, consente agli amministrati di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per curare o difendere i loro interessi giuridici, con l’ulteriore conseguenza che il diritto stesso può essere esercitato in connessione ad un interesse giuridicamente rilevante, anche se non sia ancora attuale un giudizio nel cui corso debbano essere utilizzati gli atti così acquisiti”.

È bene ricordare che il ricorso in giudizio può essere finalizzato non solo ad ottenere una “giustizia”, per così dire, immediata con l’annullamento della procedura e l’eventuale subentro ma anche ad ottenere confermata una pretesa risarcitoria qualora emergesse che la stazione appaltante abbia agito contra ius.