L’Agenzia delle entrate, con la risposta ad interpello 483 del 19/12/2023, è intervenuta sul tema del recupero dell’I.V.A. split payment versata in misura maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta con riferimento alla attività istituzionale degli enti.
I soggetti individuati ai commi 1 e 1bis dell’art 17 ter del D.P.R. 633/1972 (tra i quali rientrano i comuni), pur non assumendo la qualifica di debitori d’imposta, sono tenuti al versamento dell’I.V.A. addebitata nelle fatture direttamente all’erario anziché al fornitore, secondo il meccanismo della scissione dei pagamenti (split payment). Tale obbligo nasce nel momento in cui l’imposta diviene esigibile, cioè al momento del pagamento della fattura di acquisto, fatta salva l’opzione per l’esigibilità dell’imposta al momento della ricezione della fattura.
In relazione ad indebiti versamenti di imposta afferenti la sfera istituzionale, la circolare n. 15/2015 ha chiarito che, nell’ipotesi in cui il cedente/prestatore emetta una nota di variazione in diminuzione ex articolo 26 del decreto I.V.A., la PA potrà utilizzare tale maggior versamento a scomputo dei successivi versamenti I.V.A. da split istituzionale.
Con la successiva risoluzione 79/2020 è stato precisato che, in assenza di una nota di variazione emessa dal cedente/fornitore, non è possibile procedere allo scomputo come sopra indicato.
In questi casi la PA potrà presentare domanda di rimborso dell’I.V.A indebitamente versata ai sensi dell’articolo 30 ter, comma 1, del decreto I.V.A., provando che:
– l’I.V.A. versata a fronte della fattura ricevuta e richiesta a rimborso non sia effettivamente più dovuta e che sussiste una fattispecie di pagamento indebito oggettivo o di arricchimento senza causa da parte dell’amministrazione finanziaria in relazione a tale versamento
– il cedente/fornitore non può più emettere nota di variazione, ai sensi dell’articolo 26 del decreto I.V.A..