Domanda
Questo ente ha erroneamente applicato la quota variabile TARI alle pertinenze delle abitazioni per le annualità dal 2014 al 2017, mentre dal 2018 ha provveduto a modificare il regolamento comunale seguendo le indicazioni fornite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con la circolare n. 1/DF del 20/11/2017. E’ rimasta tuttavia in sospeso la questione dei rimborsi, nell’auspicio di acquisire ulteriori chiarimenti sulla procedura da adottare anche per il tramite di appositi interventi legislativi, che però non ci sono stati. Poiché è intenzione di questo Ente sistemare definitivamente la questione, si chiede quale soluzione può essere legittimamente adottata, in particolare se è possibile coprire l’importo dei rimborsi con risorse di bilancio e quindi attingendo dalla fiscalità generale.
Risposta
La questione è stata recentemente oggetto di una risposta ad interrogazione parlamentare, fornita in Commissione Finanze della Camera nella seduta del 20/9/2018.
Nella circostanza si poneva in evidenza che l’interpretazione ministeriale (circolare n. 1/DF del 20/11/2017) ha messo in difficoltà i comuni che avevano applicato diversamente la disposizione legislativa, ritenendo corretto esigere la quota variabile familiare anche sulle pertinenze.
Si chiedeva pertanto un parere circa la possibilità di ricalcolare le tariffe per gli anni 2014-2015-2016-2017 secondo il nuovo criterio applicativo, con conseguente richiesta della differenza a conguaglio ovvero rimborso dell’eccedenza versata per singola utenza. Si evidenziava inoltre che alcuni comuni ritengono di poter procedere ai rimborsi d’ufficio, senza necessità di un’apposita istanza, atteso che si tratta spesso di privati cittadini ignari del diritto di credito vantato. In conclusione si chiedeva se fosse corretto l’operato dei comuni, ovvero quali altre soluzioni possano legittimamente adottare con riguardo alla problematica segnalata.
Nella risposta all’interrogazione vengono richiamate le indicazioni fornite sia in occasione della precedente interrogazione del 18/10/2017 e sia dal MEF all’evento Telefisco 2018, evidenziando che la soluzione del problema rientra comunque nella sfera di autonomia dei Comuni.
Ciò posto, non viene esclusa del tutto la possibilità di effettuare un ricalcolo delle tariffe dal 2014 al 2017, ma tale operazione viene di fatto sconsigliata perché occorre tenere nella debita considerazione che ciò comporterebbe in molti casi la richiesta di conguagli a carico dei soggetti privi di unità pertinenziali, i quali però hanno fatto legittimo affidamento su un calcolo effettuato dal comune in base al quale hanno corrisposto un minore importo della TARI. Quindi in tale ipotesi occorre ponderare l’interesse pubblico a ripristinare la corretta applicazione dell’entrata con l’interesse dei singoli contribuenti che hanno fatto legittimo affidamento sull’esatto adempimento dell’obbligazione tributaria liquidata e richiesta dallo stesso comune.
Viene invece ritenuto possibile far fronte ai rimborsi attraverso la copertura a carico del bilancio generale del comune, anche in virtù di quanto recentemente ribadito dalla Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia nella delibera n. 139 del 9 maggio 2018 laddove si legge che «qualora il Comune, a partire dall’anno 2014, dovesse avviare una procedura di rimborso (d’ufficio o su istanza di parte) della quota variabile applicata alle autorimesse, la sua copertura finanziaria non deve necessariamente trovare integrale copertura nel piano finanziario della Tari come “costo del servizio”». Nella circostanza i giudici contabili affermano, inoltre, il seguente principio di diritto: «il rimborso della quota variabile della TARI non dovuta e di competenza di esercizi finanziari precedenti, può trovare copertura in entrate ascrivibili alla fiscalità generale».
Il rappresentante del Governo esclude, tuttavia, la possibilità di riportare nel nuovo Piano finanziario TARI lo scostamento negativo tra gettito preventivato e quello effettivamente risultante a consuntivo. Questo per la semplice ragione che dal Dpr 158/99 (c.d. “metodo normalizzato”) non si evince espressamente la possibilità di includere nel PEF una posta contabile quale quella derivante dai rimborsi in esame (si tratta peraltro di una strada non condivisa dalla recente giurisprudenza amministrativa: si veda TAR Lecce sentenza n. 1826/2017).
Dalla risposta all’interrogazione parlamentare emerge pertanto che l’ipotesi al momento più “gettonata” è quella di effettuare i rimborsi attingendo le relative risorse dal bilancio dell’Ente, per cui l’Ente potrà procedere nel senso indicato nel quesito.