Domanda

In uno dei riscontri a quesiti recenti si è evidenziata la rilevanza della richiesta di accesso per “fini di giudizio”.

Ci è sembrato di comprendere che in ogni caso in cui il richiedente faccia riferimento al giudizio l’accesso debba essere consentito. È corretta questa interpretazione?

Risposta

La richiesta di accesso per “fini di giudizio”, che in certi casi consente di superare le limitazioni imposte (ora) nell’articolo 53 del codice dei contratti (e, nel pregresso codice, nell’articolo 13), deve essere chiaramente inteso dal RUP nel senso che per ogni richiesta di ostensione di atti relativi all’offerta (soprattutto in casi in cui insistano effettivamente dei segreti “commerciali”) occorre porre in essere un’attenta e seria attività istruttoria.

Non è sufficiente, infatti, il diniego assoluto opposto dal controinteressato. Il responsabile unico del procedimento dovrà effettivamente verificare se tale documentazione è utile per un giudizio e finanche verificare se il richiedente abbia o meno delle possibilità di “vantare” delle pretese in giudizio (finanche al semplice annullamento della gara nella speranza di una riedizione).

In certi casi, queste posizioni possono esser solo “millantate” ed il RUP deve evitare di fornire dati in “eccesso” (soprattutto se “riservati”) che in realtà potrebbero essere negati.

Diversa, a titolo esemplificativo, è la posizione del secondo in graduatoria che oggettivamente ha una posizione “di privilegio” in relazione ad un eventuale ricorso visto che, in caso di annullamento degli atti di aggiudicazione potrebbe effettivamente, aggiudicarsi la gara.

In questo caso, anche il semplice riferimento alla possibilità di adire il giudice amministrativo deve essere attentamente valutata dal RUP anche se – in realtà – il secondo classificato potrebbe non agire in giudizio.

Può essere utile, sotto il profilo pratico/operativo riportare quanto evidenziato dall’ANAC – sul tema – in un recentissimo parere (n. 608/2018).

Il parere si può riportare per sommi capi:

  • in primo luogo l’ANAC rammenta che “la giurisprudenza formatasi sul previgente art.  13 del d. lgs. 163/2006 (le cui acquisizioni sono utilizzabili anche  nell’attuale quadro normativo) ha ritenuto che la tutela del segreto tecnico o  commerciale non può essere, per la prima volta, evidenziata in sede di  opposizione all’istanza di accesso, dovendo essere tale indicazione oggetto di  esplicita dichiarazione resa in sede di offerta e che compete all’amministrazione  aggiudicataria, in sede di valutazione dell’istanza di accesso pervenuta,  valutare, sulla base della dichiarazione in precedenza resa dall’offerente, se  l’inerenza del documento al segreto tecnico o commerciale si fondi su una  “motivata e comprovata dichiarazione” (TAR Bari Sez. III, 26 giugno 2017, n.  741);
  • in altri termini, l’impresa partecipante all’appalto, al fine di escludere  l’esercizio del diritto di accesso anche “difensivo”, ha il preciso onere di  esplicitare, in concreto e non mediante il ricorso a clausole di mero stile o a  formulazioni generiche, le ragioni per le quali l’eventuale conoscenza delle  informazioni tecniche contenute nei documenti richiesti possa arrecare  nocumento alla stessa;
  • l’Autorità – anche in passato – ha reputato legittimo il diniego alla richiesta di ostensione della documentazione tecnica nel caso in cui l’operatore economico aggiudicatario ha ritualmente negato l’accesso agli atti e l’istante non dimostri l’effettiva utilità di tale documentazione rispetto all’indizione di uno specifico giudizio (delibera n. 395 del 12 aprile 2017);
  • però, quando il soggetto richiedente è collocato al secondo posto in graduatoria, per giurisprudenza  consolidata riveste una posizione particolarmente qualificata  nell’ambito della procedura di gara,  nel senso che il diritto di  accesso dal medesimo esercitato si configura come strumentale ad un’eventuale  azione giudiziaria, così da dover essere in ogni caso assentito (TAR  Lombardia – Milano, Sez. III, 15 gennaio 2013, n. 116);
  • l’interesse al ricorso deve ritenersi infatti in ogni caso  sussistente:
    a) perché il concorrente è leso in via diretta ed attuale dall’aggiudicazione in favore dell’altro concorrente;
    b) perché un interesse, anche solo potenziale, sicuramente sussiste, sia quale interesse “finale” al conseguimento dell’appalto, sia – in via alternativa (e normalmente subordinata) – quale interesse “strumentale” alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione (Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2018, n. 293).

In conclusione, l’ANAC ritiene che se anche non sia stata esplicitata la volontà di adire il giudice amministrativo, il RUP non può prescindere dal fatto di trovarsi di fronte all’istanza di accesso del secondo classificato ed in quanto tale in posizione qualificata.

In questo caso il diniego all’accesso non può ritenersi giustificato soprattutto nel caso (come quello trattato dall’autorità anticorruzione) in cui l’appaltatore controinteressato non riesca a dimostrare il pericolo di violazione di un segreto “tecnico/commerciale”.

È logico, però, evidenziare che qualora il secondo graduato faccia richiesta di accesso finalizzata ad agire in giudizio, difficilmente potrebbe ritenersi legittimo un diniego all’accesso.