Domanda

In fase di verifica delle dichiarazioni, il seggio di gara – presieduto dal RUP – ha riscontrato che alcuni operatori non hanno espresso adesione alla richiesta di impegnarsi ad assorbire il personale impiegato nella precedente gestione del servizio. Mentre, nel bando di gara era abbastanza chiaro che la stazione appaltante intende usufruire – pur in un appalto sotto soglia – delle prerogative connesse alla clausola sociale ai fini del mantenimento dei livelli occupazionali.

Come dovremmo procedere ora? Dobbiamo escludere le imprese che non hanno manifestato adesione all’applicazione della clausola sociale o dobbiamo necessariamente “invitare” tali imprese al soccorso istruttorio integrativo?

Risposta

Il quesito riveste un’importanza pratica significativa anche alla luce del recente schema di linee guida ANAC sulla corretta applicazione della clausola sociale.

Senza dilungarsi, è abbastanza noto che la clausola in argomento ha l’obiettivo di mantenere inalterato il livello occupazionale – soprattutto per un certo tipo di “manodopera” – nella successione dei contratti.

In sostanza, grava – e si dirà in che misura/intensità – sull’aggiudicatario un onere (potenziale) di assorbire il personale già utilizzato, soprattutto, se non esclusivamente, nella gestione precedente di un servizio.

Una delle questioni fraintese – e sarebbe stato interessante avere la clausola del capitolato/legge di gara –  riguarda la corretta definizione delle prerogative della stazione appaltante che abbia inserito la clausola sociale nelle disposizioni di gara.

Da notare che l’inserimento della clausola, nei contratti ad alta intensità di manodopera (ai sensi dell’articolo 50 del codice dei contratti) risulta obbligatoria nei contratti sopra soglia ma facoltativa nei contratti sotto la soglia comunitaria (ai sensi dell’articolo 35 del codice dei contratti).

Sulla questione dei rapporti tra clausola e soccorso, è bene rammentare – come si è evidenziato in altra circostanza (e come ora emerge chiaramente sia dalla giurisprudenza sia dallo schema di linee guida sopra citate) che l’aggiudicatario, in realtà, non ha alcun obbligo di riassumere il personale precedentemente utilizzato. Pertanto, l’eventuale clausola sociale qualora disponesse o venisse interpretata come diretta ad imporre un obbligo assunzionale deve ritenersi sicuramente illegittima.

La previsione deve essere interpretata come vincolo potenziale dell’aggiudicatario condizionato dalla propria situazione organizzativa: se l’aggiudicatario ha necessità di personale per svolgere il servizio prioritariamente dovrà riassumere il personale precedentemente occupato.

Questa previsione sembra pertanto, in teoria, in contrasto con l’esigenza di attivare un soccorso istruttorio per esprimere l’adesione ad una clausola “potenzialmente” illegittima.

Naturalmente così non è nel senso che potrebbe essere illegittima l’interpretazione ma non una clausola che venisse interpretata in senso “costituzionale”.

Alla luce di quanto, si è indotti a ritenere che il RUP (o il soggetto individuato dalla stazione appaltante) debba invitare gli operatori che non abbiano espresso adesione ad integrare la propria dichiarazione (nel termine perentorio di 10 giorni ai sensi dell’articolo 83, comma 9 del codice dei contratti).

Sul punto si può riportare la riflessione dell’ANAC espressa proprio nello schema più volte citato in cui si legge che “qualora pertanto la stazione appaltante accerti in gara, se del caso attraverso il meccanismo del soccorso istruttorio, che l’impresa concorrente rifiuta, senza giustificato motivo, di accettare la clausola, si impone l’esclusione dalla gara, laddove l’accertamento compiuto consenta di ritenere che l’operatore economico intenda rifiutare sic et simpliciter l’applicazione della clausola, legittimamente prevista. L’esclusione, viceversa, non appare fondata nell’ipotesi in cui, stante la pur legittima previsione della clausola, l’operatore economico manifesti il proposito di applicarla nei limiti di compatibilità con la propria organizzazione d’impresa, (si veda la sentenza del Consiglio di Stato n. 272 del 17 gennaio 2018)”.