Domanda

La polizia locale può allontanare un consigliere comunale intemperante che disturba il regolare funzionamento del consiglio?

 

Risposta

Al presidente del consiglio comunale, che nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è ruolo retto dal sindaco, salvo differente previsione statuaria, sono attribuiti i poteri di convocazione e direzione dei lavori e l’attività del consiglio che si sostanzia, attraverso il relativo regolamento, nel disciplinare gli interventi dei consiglieri, ammette le interpellanze, le interrogazioni e le mozioni dei singoli consiglieri; funzione che si può definire di direzione e di coordinamento del collegio.
L’attività è indirizzata al corretto funzionamento dell’istituzione ed è figura del tutto neutrale retta da principi di assoluta imparzialità e correttezza, quale un “primus inter pares”.
Altresì, il presidente è titolare, al fine di assicurare lo svolgimento ordinato delle sedute nel rispetto delle disposizioni statutarie e regolamentari, del potere di “polizia” necessario per mantenere l’ordine, l’osservanza della legge e la regolarità delle discussioni e deliberazioni, ossia quella che viene definita la cd. “polizia dell’adunanza”.
Tuttavia, un recente parere del Sistema delle Autonomie Locali della Regione Friuli Venezia Giulia, n. 7523 del 21.07.2017, sostiene che non sia possibile prefigurare, in capo a chi presiede l’assemblea, un ipotetico “potere di allontanamento” con il conseguente ricorso alla forza pubblica.
Un inciso: gli agenti e gli ufficiali di polizia locale sono agenti di pubblica sicurezza quindi a tutti gli effetti “forza pubblica”.
Tutto ciò premesso, la giurisprudenza amministrativa ritiene comunque legittima la norma regolamentare che preveda l’espulsione del consigliere intemperante, inteso come, a titolo esemplificativo, quel comportamento che turba l’ordine del consiglio, pronuncia parole sconvenienti o lede i principi sopra esposti, comportamenti che impediscono, di fatto, il regolare e corretto svolgimento dell’attività istituzionale cioè siano di effettivo ostacolo al normale funzionamento dell’organo tra cui, a titolo esemplificativo, gli insulti, le urla, i tumulti che possono giungere a situazione di “ordine pubblico” con la richiesta di intervento della forza pubblica. Tale condotta del consigliere dovrà essere gestita dapprima con l’allontanamento temporaneo e/o la sospensione della seduta in attesa di ricondurre gli animi a un pacato confronto o per sedare momentanei dissidi.
In tal senso, anche una recente sentenza della Corte di Cassazione – Penale, sez. IV – n. 27794 del 05.06.2017, che ha ritenuto non punibile per il reato di “abuso d’ufficio” il sindaco che ha allontanato dall’aula, con richiesta di intervento della forza pubblica, nel caso i carabinieri, il consigliere intemperante.
E’ evidente, infine, che nel caso il consigliere si opponga alla forza pubblica, ai sensi dell’art. 337 c.p. scatterà la denuncia prevista per tale condotta penalmente perseguibile.