La Corte Costituzionale su Quota 100

Di Gianluca Bertagna

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La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del divieto di cumulo della pensione anticipata denominata “Quota 100” con i redditi da lavoro dipendente.

È quanto si deduce da un comunicato stampa del 5 ottobre scorso della Consulta e scaricabile al seguente link https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20221005120032.pdf

L’art. 14 comma 3 del d.l. 4/2019 prevede, in caso di utilizzo dell’istituto di Quota 100, che la pensione non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

L’INPS, con la circolare n. 117/2019 del 21 agosto 2019, nell’esaminare le novità in materia di pensionamento, aveva precisato che la non cumulabilità si applica interamente sui redditi da lavoro dipendente, autonomo e d’impresa collegati ad attività lavorativa svolta nel periodo in cui vige il divieto, mentre i redditi da lavoro occasionale di cui all’art. 2222 del Codice Civile sono cumulabili fino al limite di 5000 euro annui.

Il Giudice del Lavoro di Trento ha poi sollevato la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 14 comma 3 del d.l. 4/2019 sulla parte che non prevede l’esenzione fino a 5.000 euro anche per i redditi da lavoro dipendente.

La Corte, come precisato nel comunicato stampa, ha dichiarato non fondata la questione poiché le situazioni di cui si discute non sono comparabili. Il lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5.000 euro lordi annui non dà luogo, infatti, a obbligo contributivo.

Interessante, anche la motivazione: la preclusione assoluta di svolgere lavoro subordinato, che la disciplina del pensionamento anticipato “Quota 100” impone, si giustifica perché la richiesta agevolata di uscire anticipatamente dal lavoro entrerebbe in netta contraddizione con la prosecuzione di una prestazione di lavoro.