Domanda

Il nostro comune ha liquidato dei compensi legali ad un avvocato (persona fisica) al termine di un procedimento. Nella determina di liquidazione – pubblicata su albo pretorio online e nella sezione Amministrazione trasparente – è stato inserito l’IBAN e il codice fiscale del professionista. La procedura è corretta dal punto di vista della trasparenza e della privacy?

 

Risposta

La pubblicazione dei dati sui siti internet delle pubbliche amministrazioni per finalità di trasparenza e per pubblicità legale, devono sempre essere effettuati in presenza di un idoneo presupposto normativo (legge o regolamento).

In questo caso, l’obbligo discende dalla equiparazione delle determinazioni dirigenziali alle deliberazioni di Giunta e Consiglio, per le quali la pubblicazione all’albo pretorio è prevista dall’articolo 124 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL). Tale orientamento è stato sancito con più sentenze del Consiglio di Stato – ultima: Sez. V, Sentenza del 11 maggio 2017.

Per le finalità di trasparenza, invece, la legittimazione risiede nell’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, il quale prevede che per i collaboratori e consulenti  – come potrebbe essere l’incarico legale, conferito ex art. 17, comma 1, lettera d), del d.lgs. 50/2016 – si devono pubblicare, tra le altre, le informazioni sui compensi, comunque denominati.

Verificata la presenze della legittimazione normativa occorre poi fare attenzione al fatto che la pubblicazione deve avvenire nel rispetto di tutti i principi applicabili al trattamento dei dati personali, così come contenuti all’articolo 5, del Regolamento (UE) 2016/679, in materia di tutela della privacy.

In particolare, assumono rilievo – art. 5, paragrafo 1, lettera c) –  i principi di adeguatezza, pertinenza e limitazione  a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali i dati personali sono trattati (cosiddetta «minimizzazione dei dati») e quelli di esattezza e aggiornamento dei dati, con il conseguente dovere di adottare tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare tempestivamente i dati inesatti, rispetto alle finalità per le quali sono trattati (Paragrafo 1, lettera d).
L’applicazione di tali principi, avrebbe dovuto indurre l’estensore della determina, dall’omettere sia le coordinate IBAN che il codice fiscale dell’avvocato: dati che non rispettano il principio di adeguatezza e pertinenza.
In questo caso, per l’identificazione del soggetto beneficiario della liquidazione, sarebbe stato necessario indicare solamente  il cognome e nome, senza l’aggiunta di altri dati personali “comuni”, quali quelli riportati nel quesito.

Come utile approfondimento della questione di cui trattasi, si consiglia di consultare una recente  Ordinanza-ingiunzione del 15 gennaio 2020, emessa dal Garante privacy italiano, al link:
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9261227